Un kit per portare i servizi pubblici nel cloud

Un viaggio in cinque tappe, per individuare i vantaggi, i rischi e le migliori strategie per migrare in cloud alcuni servizi pubblici della Pubblica Amministrazione

Paolo De Rosa
Team per la Trasformazione Digitale

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Nel 2018 la regione Emilia Romagna decide di spegnere il servizio interno che permette ai dipendenti di utilizzare la posta elettronica. Non è un ritorno al cartaceo e alla ceralacca, ma una scelta per l’ottimizzazione delle risorse: la regione decide di migrare in cloud le mail dei dipendenti per spendere meno e offrire loro un servizio migliore. Per fare questo si affida a un fornitore esterno. Da questo momento non deve più sostenere dei costi per occuparsi della manutenzione dei server di posta o per l’assistenza tecnica. Al tempo stesso, tutti i dipendenti possono contare su un servizio più efficiente, stabile e flessibile, per di più corredato da funzionalità che prima non avevano, come la condivisione dei documenti.

La differenza tra il prima e il dopo è sostanziale. Quando la regione aveva la necessità di aumentare lo spazio di archiviazione delle email, doveva attivare un lungo iter burocratico, passando per il responsabile dell’infrastruttura, un complesso sistema di modulistica e procurement, l’accettazione dell’acquisto, l’installazione, il testing del nuovo spazio, fino all’effettiva operatività dello spazio. Il tutto con tempi e costi decisamente non trascurabili. Oggi, per la stessa esigenza non ha che da chiedere, in pochi minuti, un aumento dello spazio al provider.

Inizia il viaggio per la migrazione dei servizi nel cloud della PA. Foto di Alexandra Nicolae su Unsplash

Quello delle email dell’Emilia Romagna è solo un esempio delle potenzialità del cloud per migliorare alcuni servizi della Pubblica Amministrazione, risparmiando risorse. Nei mesi scorsi, nel post Una strategia per le infrastrutture digitali della Pubblica Amministrazione, vi abbiamo raccontato la nostra “strategia in tre punti” per migrare in cloud alcuni servizi pubblici in Italia, garantendo servizi più sicuri, affidabili e efficienti, e generando al tempo stesso enormi risparmi. Alla base di quella strategia, facevamo una distinzione iniziale tra:

  • un elenco di servizi “critici” per la sicurezza nazionale;
  • tutti gli altri servizi gestiti dagli enti locali e centrali, che hanno grande importanza per il cittadino e il funzionamento delle amministrazioni ma non hanno necessità di un trattamento particolare.

In questo post vi raccontiamo nel dettaglio in che modo le Pubbliche Amministrazioni possono attivarsi per sfruttare i vantaggi del cloud per quest’ultima tipologia di servizi “non critici”, grazie a un modello replicabile che abbiamo definito nella prima release del Cloud Enablement Kit.

Un kit che fa parte del “programma di abilitazione al cloud”, ovvero le attività previste dal Piano Triennale per aiutare le Pubbliche Amministrazioni a riorganizzare il proprio patrimonio IT (sia hardware che applicazioni) secondo una logica di cloud first.

Il Cloud Enablement Kit

Il Cloud Enablement Kit racconta nel dettaglio il “viaggio in cinque tappe” che ogni Pubblica Amministrazione deve fare per migrare un servizio in cloud. Obiettivo del kit è aiutare le Pubbliche Amministrazioni a:

  • analizzare i propri servizi, mapparli e definirne le caratteristiche;
  • sulla base di questa mappatura, capire per ogni servizio qual è la migliore strategia di migrazione verso il cloud della PA;
  • valutare le proprie competenze specifiche per gestire questo processo;
  • gestire la migrazione di ogni servizio;
  • valutare i risultati e i benefici della migrazione.

Per fare questo, il kit mette a disposizione di tutte le Pubbliche Amministrazioni centrali e locali:

Va detto subito che il kit non è una ricetta calata dall’alto. Per definirlo abbiamo lavorato fianco a fianco con diverse Pubbliche Amministrazioni centrali e locali, come la Regione Emilia Romagna, i Comuni di Milano, Torino, Cremona, Crema, il Ministero per i beni e le attività culturali, la Corte dei conti ed anche alcune società in house come Consorzio.IT (società in house del territorio Cremasco) e Lepida (società in house della Regione Emilia Romagna). Un percorso condiviso, per definire insieme agli enti, ai tecnici, alle software house, alle in-house, le best practice per mappare i servizi e impostare la migliore strategia di migrazione per ognuno.

Il viaggio inizia: la mappatura dei servizi

Il Cloud Enablement Kit propone a ogni ente di condurre una serie di tre workshop, in cui svolgere alcune attività per la valutazione dei servizi, prima di iniziare la migrazione vera e propria. Per workshop intendiamo degli incontri, in cui si siedono intorno a un tavolo i tecnici, i responsabili dell’Ict e, in alcuni casi, i decisori politici. Un’occasione utile per avere una visione condivisa dei servizi, delle opportunità e delle necessità dell’ente.

Il primo workshop è la prima tappa di questo viaggio e ha l’obiettivo di fare una mappatura:

  • dei servizi erogati dall’ente;
  • delle applicazioni che permettono il funzionamento di questi servizi;
  • delle infrastrutture tecnologiche utilizzate.

Questa mappatura avviene attraverso una serie di domande legate ad ogni servizio e applicazione, che vengono tracciate con il supporto di una griglia disponibile nel kit. Le domande riguardano:

  • la complessità tecnologica del servizio;
  • l’impatto del servizio sull’attività dell’ente;
  • le “dipendenze” con altri servizi;
  • i possibili benefici legati a un’eventuale migrazione in cloud.
I criteri con cui abbiamo “filtrato” e suddiviso i servizi, per individuare quelli più adatti alla migrazione in cloud

Queste domande permettono di censire i servizi, allineare tutte le persone presenti sulle caratteristiche di ogni servizio e definire le priorità, dividendo i servizi tra:

  • le opportunità da cogliere, ovvero i servizi da migrare quanto prima, perché i vantaggi che si otterrebbero a fronte di un processo di migrazione molto snello sono elevati (potrebbe essere il caso della posta elettronica dell’Emilia Romagna, ad esempio);
  • i servizi che presentano un rischio minimo nel processo di migrazione, ad esempio perché non si rischia l’interruzione del servizio;
  • i servizi semplici da migrare, ad esempio perché le applicazioni che ne permettono il funzionamento hanno poche “dipendenze”;
  • gli altri servizi, la cui migrazione presenta maggiori criticità e quindi non è prioritaria.

Abbiamo “testato” questo workshop una prima volta in Emilia Romagna all’inizio del 2019. Seduti attorno a un tavolo con i tecnici dell’ente, abbiamo identificato, mappato e prioritizzato 136 servizi di vario tipo, come:

  • servizi per la gestione di bandi pubblici;
  • portali istituzionali dell’ente (il sito della regione, ad esempio);
  • servizi interni (la rassegna stampa, ad esempio).

Seconda tappa: una strategia per ogni servizio

Seconda tappa, secondo workshop. Stavolta l’obiettivo è individuare le strategie migliori per migrare in cloud i servizi individuati come prioritari. Esistono infatti diversi modi per migrare un servizio sfruttando il cloud, ovvero:

  1. conservare (retain) il servizio prendendo la decisione consapevole di non migrare in cloud un determinato applicativo e di mantenerlo attivo sulla propria infrastruttura, ma definendo una nuova data in cui rivalutare i fattori che hanno portato a questa decisione;
  2. spegnere o ritirare il servizio (capita più spesso di quanto si creda che un servizio sia acceso ma inutilizzato, semplicemente perché in passato è stato sostituito da uno nuovo e ci si è dimenticati di spegnerlo);
  3. riacquistare il servizio da un fornitore esterno (Saas — Software as a service);
  4. “spostare” il servizio senza modificarne il software in modo sostanziale (re-host o lift&shift);
  5. trasferire un applicativo sul cloud come nel caso precedente (re-host), ma sostituire al tempo stesso alcune componenti del software utilizzato per meglio sfruttare le caratteristiche della piattaforma utilizzata (re-platform);
  6. scomporre e ridisegnare il servizio, per modellarlo sulle infrastrutture cloud (re-architect).
Le strategie di migrazione di un servizio al cloud

Anche per questa tappa, il Cloud Enablement Kit offre degli strumenti pronti all’uso: le schede di assessment. Durante il workshop, i tecnici intorno al tavolo non devono fare altro che compilare una scheda per ogni servizio e applicazione, raccogliendo una serie di informazioni richieste, che riguardano le caratteristiche del servizio, i vantaggi e i rischi di un’eventuale migrazione al cloud. In base alle risposte e alle informazioni scritte in questa scheda, possono valutare quale delle strategie è preferibile per ogni servizio.

Verso il primo traguardo: mappare le competenze

Abbiamo individuato i servizi prioritari, abbiamo definito le strategie migliori di migrazione, adesso manca solo un tassello prima di iniziare la migrazione: la mappatura delle competenze. La domanda a cui cerchiamo di rispondere con il terzo e ultimo workshop è: siamo in grado di gestire la migrazione?

La risposta non è affatto scontata. Ogni amministrazione, grande o piccola, per gestire una migrazione in cloud deve avere delle competenze specifiche. In questo workshop le amministrazioni valutano le skill su cui possono contare, tramite i propri dipendenti e i tecnici dei fornitori su cui si appoggiano. Per fare questo, il Cloud Enablement Kit mette a disposizione delle schede di valutazione delle varie skill, per avere un quadro completo dei punti di forza e di debolezza. L’obiettivo è individuare eventuali carenze, in modo da poter valutare di:

  • acquisire le competenze mancanti sul mercato (grazie anche alle gare strategiche di Consip per la Trasformazione Digitale e per il Cloud della PA);
  • creare sinergie con altri soggetti pubblici o privati, per condividere le competenze.
Il kit propone uno Spider Chart per mappare le competenze dell’ente e dei tecnici

Oltre alle competenze, questa tappa del viaggio si pone l’obiettivo di definire degli indicatori di performance. Lo scopo è definire in che modo misurare i risultati e i progressi che l’amministrazione compie durante il processo di valutazione e di migrazione attraverso dei key performance indicator, anch’essi disponibili in una scheda di valutazione fornita dal kit.

Dalla strategia alla pratica: inizia l’avventura

Le cinque tappe del Cloud Enablement Kit per la migrazione in cloud dei servizi pubblici

Il primo traguardo è raggiunto, abbiamo definito una prima metodologia di migrazione dei servizi in cloud. Adesso viene il bello, con le ultime due tappe che riguardano:

  • la migrazione vera e propria;
  • la valutazione dei risultati attraverso gli indicatori di performance individuati.

Anche le fasi di questo processo sono descritte negli ultimi capitoli del manuale del Cloud Enablement Kit, che spiega nel dettaglio in che modo eseguire la migrazione dei dati, quali sono le buone pratiche, elenca i vari scenari possibili e propone test e indicatori di performance, per verificare il corretto funzionamento dei servizi e gli effettivi risultati raggiunti.

A supporto della migrazione, oltre al kit, le Pubbliche Amministrazioni possono contare su:

Anche noi stiamo per intraprendere queste ultime tappe del cammino, iniziando la migrazione di alcuni servizi con un gruppo di amministrazioni pilota, come il Comune di Cremona.

Il viaggio non finisce mai!

Un vero viaggio non è soltanto uno “spostamento” da un punto di partenza a uno di arrivo.

Il viaggio è apprendimento. Noi stessi, le Pubbliche Amministrazioni con cui abbiamo collaborato, e anche quelle che si cimenteranno nelle attività promosse dal Cloud Enablement Kit, possiamo imparare una serie di lezioni fondamentali da questo percorso di abilitazione al cloud. Possiamo imparare che la trasformazione digitale è un’attività di esplorazione e apprendimento continuo, che si pone grandi obiettivi ma si muove per piccoli passi, e che richiede un cambiamento culturale e dell’organizzazione del lavoro.

Il viaggio non finisce mai. Al termine del percorso, ogni Pubblica Amministrazione deve tornare al punto di partenza, e iniziare un nuovo percorso per rifare la valutazione dei servizi (stavolta con un know how decisamente diverso!) e valutare la migrazione di altri servizi verso il cloud della PA.

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